In teoria non vorrei parlare né di campionati nazionali né di regionali.
La verità è che non c'è molto da dire. Interim Power e Cerdini
Vignola hanno passato il turno di Coppa Italia con facilità: la prima rispettando
a pieno i pronostici, la seconda un po' a sorpresa anche se in fin dei conti Villani
si affida ad un organico di B1 (Viapiano, Odorici, Rossetto, Casarini
).
Le altre? Si rimettano a pensare al campionato che è meglio. Le partite
di queste settimane hanno solo confermato quello che in molti già si aspettavano:
Eurotecnica e Audax in lotta per la salvezza 26 giornate su 26, Stadium Mirandola
con un posto play-off assicurato, Litographic e Montale con un buon potenziale
di partenza. Aspettiamo l'apertura della stagione e vedremo. Stesso discorso per
i regionali. Proseguono amichevoli e tornei senza troppi scossoni nell'attesa
della prima partita per scoprire quello che ci si può aspettare, più
o meno come la Coppa America (per rimanere attuali!) dove tre anni di lavoro possono
andare in fumo al primo Round Robin. Puntiamo l'indice sui mondiali.
La Nazionale in "rosa", l'Italdonne di Marco Bonitta ha trionfato. Questo
è più o meno la sintesi del pensiero di molti giornalisti, appassionati
e spettatori dell'ultimo minuto. Vero ha trionfato, però, correndo il rischio
di essere accusato e lapidato per tradimento dell'alto senso patriottico che noi
italiani dimostriamo sempre e solo quando vinciamo, mi permetto di ridimensionare
un po' questa vittoria riportandola all'interno dei suoi giusti limiti. Le azzurre
sono campionesse del mondo e nessuno può affermare il contrario. Lo sono
meritatamente per il semplice fatto che hanno vinto (quasi) tutte le partite e
chi vince è da sempre (nello sport) il più forte. Ma affermare
che è un successo del movimento mi sembra eccessivo e sbagliato. Il
segreto è tutto nelle parole. L'Italia è al momento la nazionale
più forte. Lo è stata in questi mondiali, ma non lo è in
assoluto, questo perché le atlete italiane, per quanto brave, non sono
le più forti al mondo. È un dato di fatto che Cuba, Russia,
Brasile e Cina (cioè le nazionali che quattro anni relegarono l'Italia
al quinto posto) non si sono presentate con l'organico più forte a disposizione.
Chiamatelo cambio di ciclo, rinnovamento, come vi fa più comodo (per la
Russia di Karpol è stata più una rinuncia suicida) fatto sta che
l'Italia non ha avuto una vera avversaria. È stato quindi un mondiale scadente
dal punto di vista del gioco, sicuramente inferiore a quello del '98, e pensare
all'apertura di un periodo di successi firmato Italia è eccessivo. Con
questo non voglio sostenere che la vittoria delle azzurre sia arrivata per mero
caso, ma evidentemente era il loro momento. Vanno soppesate con la dovuta cautela,
però, le dichiarazioni di trionfo da parte di un movimento che si rivela
ancora legato con duplice, triplice nodo alle straniere. Le atlete non italiane
sono la maggioranza nel nostro campionato e se si guarda alle vittorie dei club
ottenuti in questi ultimi anni si scopre che d'italiano spesso c'è solo
il nome della squadra: Modena, Bergamo, Reggio Calbria, Novara e la lista non
finisce qui. Continuiamo ad essere il "campo d'allenamento" delle cubane,
delle russe, delle cinesi ed ora delle americane, e questo non garantisce certo
una base solida per un ciclo di successi internazionali, anzi. Si rischia di fare
la fine del movimento maschile che si è gongolato troppo sulle vittorie
della Nazionale del Secolo. Un decennio vissuto al massimo che ora però
ci si rivolta contro. La Nazionale di Anastasi ha appena iniziato la sua avventura
e già rischia la qualificazione alla seconda fase. Forse è esagerato
(pensare ad una vittoria del Canada è quasi folle), ma è ancora
matematicamente plausibile. I motivi non sono certo da ricercare nel momento magico
della Polonia, ma nelle carenze italiane. Se Giani è ancora il migliore
di tutti alla sua veneranda età questo è da un lato ammirevole,
ma dall'altro preoccupante. La verità è che se ci fossero ancora
Bernardi, Gardini, Tofoli (o magari Vullo), Bracci, ecc l'Argentina potrebbe tranquillamente
essere la casa del nostro quarto titolo. Non è nostalgia, ma realtà.
In dieci anni il movimento italiano non è riuscito a coltivare i suoi
giocatori, i suoi ragazzi, ma ha accuratamente allenato e preparato olandesi
prima, jugoslavi poi, passando per brasiliani e cubani (che per fortuna hanno
ben pensato di fuggire perdendo il mondiale). In conclusione vale il discorso
delle donne. L'Italia potrà vincere il suo quarto titolo (ne dubito) e
fioccheranno i "Viva l'Italia", "I più forti siamo noi",
"Campioni, Campioni" ecc. Ci si dimenticherà dei problemi, delle
critiche, della totale mancanza di ricambio generazionale, con la completa convinzione
di essere veramente i più forti e che il ciclo Italia non avrà mai
fine.
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