Che bel numero il 200.
Quasi come il 10. O il 7.
Nel 200 avanti da Cristo la repubblica di Roma conquistava la Gallia
Cisalpina, e unificava per la prima volta l’Italia. Coi
suoi 200 sigilli il Capitano, il nostro Capitano, il Capitano di
tutti, l’ha un po’ divisa l’Italia. Ma ha incantato
il mondo. E ha regalato, all’Italia, il Suo Mondiale.
Nel 200 dopo di Cristo Settimio Severo imponeva la successione dinastica
per l’Impero. L’Impero
di Alessandro Del Piero, purtroppo, non ha successori. Lui è
unico, i suoi 200 gol sono unici, la sua classe, la sua eleganza,
il suo charme, sono unici. Del Piero non ha eredi, se non nelle
Sfere Celesti.
Nel 2006, precisamente il 28 ottobre, la Storia è nuovamente
cambiata. Sono molte le date storiche per l’umanità
legate al nome di Alessandro
Del Piero, ma non c’è spazio qui per elencarle tutte,
soltanto poche righe a imperitura memoria e ad eterno e umile e
indegno omaggio al Dio vero. Perché Alessandro Del Piero
è il giocatore di calcio più forte di tutti i tempi,
questo non è in discussione. Ma ha anche capacità
divinatorie, fa miracoli, cura i malati, riempie i cuori di gioia
e gonfia i petti di orgoglio e di riconoscenza per essere nati ed
aver assistito alla Sua Era.
Cominciò tutto in un uggioso autunno, nel 1993: vittima designata
del magico mancino di Alex (magico come il destro e la testa di
Pinturicchio) fu la Reggiana. Di sinistro, il primo gol in bianconero.
Era solo l’inizio, il primo sublime canto di un Eroe che nei
due mondi avrebbe
fatto innamorare i popoli. Seguirono soltanto altri 4 gol, in quella
stagione, ma Del Piero aveva appena 19 anni e davanti il Dio precedente,
Roberto Baggio.
È l’esterno destro, volante, impensabile per qualsiasi
altro essere umano, anche per Maradona, confezionato come un pacco
regalo alla Fiorentina,
che lancia il nostro Capitano nell’Empireo. Un tocco meraviglioso,
il gol più bello della carriera, come da Lui stesso dichiarato,
che apre la strada alla Juventus per lo scudetto numero 23 e ad
Alex le porte dell’Olimpo del calcio. Nella stagione seguente
nascono “I GOL ALLA DEL PIERO” ancora oggi marchio registrato
e irripetibile (chiedete a Lehmann, giusto un 4 mesi fa…),
il nostro Capitano può sollevare al cielo di Roma la coppa
dalle enormi orecchie e pochi mesi dopo incanta il Giappone mettendo
all’incrocio dei
pali il gol dell’Intercontinentale.
Perché niente Pallone d’Oro, nel 1996? Chissà,
giusto darlo a Sammer…
Altri due scudetti, una stagione (97/98) sublime, con 21 gol in
campionato e 10 in Champion’s League, un mondiale sfortunato
(ma partì nel ritiro ancora dolorante per una botta subita
nella finale di Champion’s) e poi il crack al ginocchio, novembre
’98, Udine.
La fine, per qualsiasi atleta, una stagione intera buttata via e
forse la carriera. Ma non la fine per Lui: due annate difficili
per Alex, quelle dopo l’infortunio, nelle quali alla difficoltà
di andare a segno si somma un Europeo sfortunato, nel quale il nostro
Capitano è un facile capro espiatorio per una
squadra che ha avuto sfortuna e un sacco di problemi di fronte (Henry,
Thuram, Wiltord, Trezeguet, Vieira, per dirne solo alcuni, di problemi).
Poi la Rinascita, la Sua Rinascita. Torna Lippi e tornano gli scudetti
e Alex torna a segnare e a far sognare: 32 reti in due campionati,
per il più grande Bomber di tutti i tempi. Poi un mondiale
con un allenatore che non capisce. Del Piero gioca tra Corea e Giappone
in tutto 75 minuti, segna un bellissimo gol al Messico, distrugge
la Corea nel primo tempo ma viene sostituito al sessantesimo perché
bisogna difendere, stiamo dominando per 1-0. E l’Italia esce.
Perché Lui non gioca.
Al rientro in Italia alcune perle indimenticabili: il gol di tacco
al Torino, la serpentina tra Helguera e Salgado che stende il Real
Madrid galactico a Torino,
la perla d’esterno col Piacenza in ricordo dell’Avvocato
appena mancato. Poi Godot compie 30 anni, nel 2004.
E da qui Alex, Bandiera, Mito e Dio, viene messo in discussione
dal primo babi friulano che passa per strada. Capello (lo si vede
anche ora al Real)
non sopporta che vi siano Bandiere e primedonne che ne offuschino
e prevarichino l’immagine. E così prima il Romano di
merda, poi il nostro Capitano, vengono spesso e volentieri fatti
accomodare in panchina.
Ma mai una polemica, per Alex, mai una parola fuori posto, solo
un ruolo guida per la squadra e per l’Italia e celestiali
cascate di classe. Il Capitano entra, illumina e risolve le partite.
Due esempi? La sontuosa bicicletta con cui stende il Milan nello
scontro diretto per lo scudetto 2004-2005 e la punizione con linguaccia
che ammazza l’Inter. Quella stessa Inter che poi si attaccherà
l’immeritata e ridicola “patacca” sulle magliette
in vece della Vecchia Signora e del suo Capitano.
Passano gli anni e la brillantezza atletica viene un poco a mancare.
Ma la classe e l’eleganza no. Lippi lo usa nel mondiale quanto
serve, ma è Del Piero a far vincere l’Italia: con 70
minuti che sfiancano l’Australia, con
lo scatolino che mette definitivamente ko i crucchi, con l’esemplare
rigore che fa genuflettere la Francia e apre le porte alla facile
realizzazione di Grosso e alla Coppa. Il nostro mondiale. Il Suo
mondiale.
Per finire l’umiltà: Del Piero accetta la serie B,
rimane, guida la Juve all’inesorabile risalita. Inesorabile
perché c’è Lui, ancora. E realizza il suo gol
numero 200 (sui 201 in carriera coi club) per la Sua Juventus.
Altri 200 di questi ineffabili gol, mio Capitano, nostro Capitano.
E grazie per sempre per tutti questi anni di godimento e perle meravigliose.
Grazie per la classe profusa ad ettolitri di idromele. Grazie per
la Tua immensa classe. Grazie per averci insegnato come si comporta
un Dio vero.
Grazie Alex.
Il mondo ti ama. Io ti amo.
|