Ordunque, visti gli ultimi avvenimenti,
Ci sembra giunto irrinunciabile il momento dell’analisi politica.
Quindi Ci (pluralia maiestatis che si addice molto al Papa ma anche
agli Anticristi) sostituiamo momentaneamente allo splendido Vespa
(sempre fuori dal pezzo e dentro la chirurgia plastica), al bravo
ma ingabbiato Enricone Nazionale (però la moglie! non male…
cos’è, il risarcimento di Carlo Rossella?), al compagno
Floris (è il sosia sputato di Lodi), al biondissimo Santoro
(è il sosia sputato di Solange, assieme a Robbino e a Malavolta)
e a tutti gli altri credibilissimionestissimiirreprensibilissimi
opinionisti Rai-Mediaset-Sette-SkyCalcio.
La crisi che ha investito il governo del buonissimo Romanone
è innanzitutto una crisi di numeri: c’è
poco da fare, l’Unione non ha l’algebra sufficiente
per governare. Non ce l’ha perché un vantaggio di UN
senatore (158 a 156 vuol dire che se uno passa dall’altra
parte si è pari) è ridicolo in confronto ad un’assemblea
con 314 votanti (Marini per consuetudine istituzionale non vota)
e in una storia come quella italiana fatta di continui passaggi
di fronte dei singoli (anche nella storia della sinistra basta pensare,
che so, a Bondi o a Ferrara che, per fortuna, sono passati da quella
che è realmente la loro parte dopo aver guerrigliato in nome
del PCI). Quindi la situazione è critica fin dall’inizio,
fin dall’aprile scorso, fin dagli esiti brogliati delle elezioni
(ovviamente brogliati dall’“Appositore di Crocette Pianista
sull’Oceano Anima Povera Unto dal Fard Leader Incontrastato
della Casa Delle Libertà e Del Pianeta” On. Cav. Pres.
Pian. Por. D. Di. Silvio Berlusconi).
Inutile, credo, tirare fuori la storiella dei senatori a
vita: essi medesimi hanno gli stessi diritti parlamentari
di tutti gli altri, per Costituzione, e alla lunga danneggeranno
il Governo più che aiutarlo (forse che Andreotti, Cossiga,
Pininfarina e Colombo sono intellettuali di sinistra? Non prendeteci
e non prendiamoci per il culo, grazie!). Quindi la polemica dell’opposizione
è sterile, perché non ha nessun motivo di esistere:
il Governo è da dieci mesi in difficoltà sui
numeri e lo sarà finchè durerà la legislatura,
punto, non c’è molto da aggiungere sui senatori a vita
e i nobel per la pace.
Ora, questa difficoltà ultimamente, grazie all’intervento
dell’eccellente Massimo Decimo Meridio, è diventata
anche politica. Il “o passa la mia linea, oppure
si va tutti a casa”, pronunciato come un augusteo monito alla
vigilia della votazione sulle linee di politica estera del governo,
ha inguaiato, e non poco, il Romano esecutivo. La sentenza dalemiana
ha costretto a una pseudo votazione di fiducia, della quale l’esito,
nella disorganizzazione unionista e in mancanza di un direttorio
di maggioranza che avesse ben chiarito posizioni dei partiti e dei
singoli, era per tutti (D’Alema per primo) decisamente scontato.
Quindi perché, o Massimo? La domanda è rimasta
senza risposta: chi si aspettava il solito geniale capovolgimento
tattico del contropiedista di Gallipoli ha dovuto ricredersi. Niente
è cambiato, tutto come prima, tutti al loro posto. Allora
viene ancora più da chiedersi: perché? Cosa ci ha
guadagnato il Governo e soprattutto D’Alema da questa presa
di posizione, se non una grande e maleodorante figura di merda?
Perché la maggioranza è coesa, quindi la fiducia era
abbastanza scontata. Ma non è d’accordo solo su due
punti: la guerra e i DICO. Se sono sufficienti per andare a casa
(così ha dichiarato il Massimo Farnesino), si va a casa.
Punto. E vaffanculo la fiducia. L’hai detto, lo fai: sennò
sono solo parole al vento (che banalità!) e prese per i fondelli
di chi ti ha votato.
Quella che è mancata ultimamente (e solo ultimamente,
a scanso di qualsiasi equivoco o attacco all’esecutivo) è
quindi, ahimè, la coerenza. Perché se uno
dichiara in pompa magna “o si vota così o andiamo tutti
a casa” dovrebbe avere almeno il buon senso di andarci lui,
a casa, di dare un esempio di correttezza e chiarezza politica.
E il fatto che Napolitano abbia respinto le dimissioni in blocco
del Governo non giustifica D’Alema del non aver presentato
le proprie singole e personali intimissime, di dimissioni.
Una coerenza che manca anche sulla politica estera, purtroppo, e
forse questo è il sintomo di un Governo un po’ in confusione,
su alcuni temi. Non si può uscire in fretta e furia
dall’Iraq, perché giustamente la si ritiene una guerra
ingiusta, e poi rimanere in Afghanistan e dire agli amiconi
americani “sì, fico, raddoppiamo le basi militari,
si sa mai che ci invadano gli Ostrogoti!”. Non è coerente,
e, pur nella sua senil demenza, ha ragione Turigliatto: il suo partito,
e assieme al suo partito anche il vecchio PCI e la sinistra di buon
senso, ha sempre adottato una linea chiara sulla politica estera
e sul rapporto con la guerra. E questa linea, ultimamente, è
stata completamente sconfessata.
Non sta a me dire se è stata sconfessata a torto
o a ragione, la filosofia pacifista della sinistra: ma ci vorrebbe
quanto meno il coraggio di una spiegazione, l’intelligenza
di un chiarimento coi propri elettori, un bel discorsetto.
“Guardate, siamo venuti via dall’Iraq perché
bla bla bla, siamo rimasti in Afghanistan e ci piace far giocare
alla guerra gli americani sul suolo nostro patrio perché
bla bla bla”. In questo tutti i partiti sono incoerenti:
non si può organizzare la contestazione a Vicenza (PDCI,
Verdi, Rifondazione) e poi votare SI al rifinanziamento di una missione
militare (e non civile, ancora una volta, che nessuno ci
prenda per il culo perché siamo sì coglioni, e Silvio
ha ragione, ma non del tutto) che è speculare a quella irachena,
e cioè arbitraria, insensata e con ben altri scopi che quello
dell’annientamento del terrorismo (che non si annienta con
le invasioni barbariche). Non si può prima dire (DS e Margherita)
che sull’Afghanistan ci vuole la maggioranza compatta e poi
parlare di maggioranze cangianti. Ci vuole chiarezza. Credo si capisca
da queste righe quale sia la Nostra opinione sull’argomento
guerra, ma se si sceglie di rimanere in Afghanistan e di fare la
nuova base a Vicenza qualcuno ce ne deve spiegare i motivi e qualcuno
deve spiegare perché anche Rifondazione, Verdi ecc. sono
d’accordo, quando per tutta la loro storia sono stati contrari.
Poi è sacrosanto che se un partito a maggioranza
decide di votare in una certa maniera, soprattutto con l’elezione
mediante il proporzionale puro, chi si dissocia è un traditore
dell’elettorato, oltre che del Governo. E quindi Turigliatto
e Rossi sono due stronzi (eloquio sgarbato e sgarbico). Poi, per
il resto, tutto bene, se me lo spiegate.
Ci vuole trasparenza. E se i numeri non la consentono, la trasparenza,
se i partiti non la consentono, la trasparenza, allora è
davvero meglio tornare a casa, con le orecchie basse, e riconsegnare
il governo a Berlusconi e a qualche altro ladrello. Perché
allora vorrebbe dire che la sinistra è davvero diversa dalla
destra (come onestà intellettuale, non come correttezza dei
provvedimenti e delle leggi e delle misure economiche, qui c’è
un abisso tra Cdl e Unione) soltanto quando è all’opposizione.
E sarebbe molto triste. La nostra fiducia c’è quindi,
ma è abbastanza a scadenza.
Nota finale sui froci: dato che siamo in vena di polemica. Con tutto
quello che c’è da fare sulle pensioni, sugli ammortizzatori
sociali e soprattutto sulla legge elettorale, in questi dieci mesi
noi pensiamo, tra tutto questo, alle nase? Ora, sono e sarò
sempre perfettamente d’accordo sul provvedimento in questione,
sono e sarò sempre perfettamente d’accordo con la tutela
delle minoranze, sono e sarò sempre perfettamente d’accordo
con l’illuminante, per una volta, Rosy Bindi, che rivolta
al geniale Schifani disse “Vorrei sapere qual è l’idea
che avete voi di democrazia, quando teorizzate un esecutivo che
non pensa alle minoranze e, anzi, le discrimina”.
Però, diciamocelo: sulle coppie di fatto eterosessuali, i
DICO sono un surrogato un pelo più blando del matrimonio
civile, indi non indispensabilissimo, almeno adesso non è
una priorità fondamentale. Inoltre le coppie di fatto, forse
qualcuno non lo sa, nelle graduatorie dei Comuni sono già
inserite, sono assolutamente partecipi a qualsiasi gara, sia per
la Case Popolari che per qualsiasi tipo di sussidi, alla stessa
stregua delle coppie sposate. Sui gay, beh, lì la lacuna
c’è. Ma con cinque anni a disposizione, con tutte le
porcate da aggiustare, non ci potevamo pensare al terzo anno? Così
magari, nel frattempo, c’era il tempo per un altro Conclave…
E noi si sfruttava il vuoto di potere… Per dire…
Ci vuole coerenza: la Villa d’Oro l’anno
scorso aveva deciso di vincere. E ha sempre vinto. Quest’anno
ha deciso di perdere. E ha sempre perso. Nelle decisioni ci vuole
coerenza. E noi ce l’abbiamo.
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