Il
tempo è quindi un problema essenziale. Intendo dire che non
possiamo prescindere dal tempo. La nostra coscienza sta continuamente
passando da uno stato all'altro, e questo è il tempo: successione.
Credo che Henry Bergson abbia detto che il tempo sia il problema capitale
della metafisica. Se questo problema fosse stato risolto, si sarebbe
risolto tutto. Fortunatamente, io credo che non ci sia alcun pericolo
che venga risolto. Rimarremo sempre con quest'ansia. Potremo sempre
dire, come sant'Agostino: < che cos'è il tempo? Se non me
lo chiedono, lo so. Se me lo chiedono, lo ignoro >.
Che cos'è l'eternità? L'eternità è la
somma di tutti i nostri ieri, tutti gli ieri di tutti gli esseri consapevoli.
Ma anche tutto il passato, questo passato che non si sa quando sia
iniziato. E poi, tutto il presente, questo momento presente che comprende
tutte le città, tutti i mondi, lo spazio fra i pianeti. E poi,
l'avvenire. L'avvenire, che non è stato ancora creato, ma che
pure esiste.
Se pensiamo che il mondo sia semplicemente la nostra immaginazione,
se pensiamo che ognuno di noi stia sognando un mondo, perché
non supporre che passiamo da un pensiero all'altro e che non esistono
queste suddivisioni visto che non le sentiamo? L'unica cosa che esiste
è ciò che noi sentiamo. Esistono solo le nostre percezioni,
le nostre emozioni.
L'idea del futuro giustificherebbe quell'antica idea di Platone, secondo
cui il tempo è immagine mobile dell'eternità. Se il
tempo è l'immagine dell'eternità, il futuro sarebbe
il movimento dell'anima verso l'avvenire. L'avvenire sarebbe a sua
volta il ritorno all'eternità. La nostra è così
una continua agonia. Quando san Paolo disse: < Muoio ogni giorno
>, non era un'espressione patetica la sua. La verità è
che moriamo ogni giorno e nasciamo ogni giorno. Stiamo morendo e nascendo
di continuo. Per questo il problema del tempo ci tocca più
degli altri problemi metafisici. Perché gli altri sono astratti.
Quello del tempo è il nostro problema. Chi sono io? Chi è
ognuno di noi? Chi siamo? Forse un giorno lo sapremo. Forse no. Ma
nel frattempo la nostra anima arde perché desidera saperlo.
Nutriamo molti desideri, fra cui quello della vita, quello di esistere
per sempre, ma anche quello di interromperci, oltre al timore e al
suo contrario: la speranza. Il nostro io è la cosa meno importante
per noi. Che cosa significa sentirci < io >? In che cosa può
differire il fatto che io mi senta Fabio e che voi vi sentiate A,
B, o C? In nulla, assolutamente in nulla. Questo io è ciò
che spartiamo, che è presente, in un modo o nell'altro, in
tutte le creature. Allora potremo dire che l'immortalità è
necessaria, non quella individuale, ma sì, quell'altra immortalità.
Per esempio, ogni volta che qualcuno ama un nemico, appare l'immagine
di Cristo. Costui, in quel momento, è Cristo. Ogni volta che
ripetiamo un verso di Dante o Shakespeare, siamo, in qualche modo,
quell'istante in cui Shakespeare o Dante crearono quel verso. In breve,
l'immortalità è nella memoria degli altri e nell'opera
che lasciamo. Cosa può importare se quest'opera viene dimenticata?
Fabio Liberati
email: fabietto13@libero.it