04/07/2002
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Il
suo nome era Philip K. Dick. Era uno dei migliori creatori di mondi.
Non ditemi cosa devo fare. Era il suo motto.
Kurt Vonnegut sospirò adagio sul letto di morte. Philip K.
Dick si chinò su di lui pronto a coglierne l'ultimo pensiero.
Esso fu: dannata cosa!
William Gibson restò perplesso. Joseph Farmer non trovò
parole. Van Vogt sorrise pacatamente. James Ballard ebbe un sussulto.
La Compagnia degli Scrittori Riuniti ebbe il suo daffare. I politici
non sapevano che pesci pigliare. Per tutti gli Universi Paralleli!
Quando Dick venne a trovarmi, quella notte, io ero in compagnia di
una geisha che mi massaggiava i piedi. Mi capitano sì, mondi
del genere. Naturalmente il mio nome è Hugo. Hugo Gernsback.
Non sapevo che allora cominciava la storia. Sarei dovuto restare con
la mia geisha, la mia esotica...
IL PARADOSSO DI RUSSEL
Si consideri l'insieme di tutti gli insiemi che non sono elementi
di se stessi. Tale insieme è un elemento di se stesso?
Partimmo da lì. Il primo fu Dick.
Tutto cominciò con una strana applicazione della Semeiotica.
Allora: gli scrittori hanno trasmesso la propria personalità
nelle opere scritte. Tale personalità, si intende, riguarda
solo l'aspetto letterario. Cioè: se Alessandro Dumas è
un borghese bigotto e ipocrita questo non conta, conta quello che
ha scritto, ciò che ha trasmesso nel proprio lavoro. Chiaro?
Lo scrittore Alessandro Dumas è un avventuriero leggiadro,
indipendentemente dall'uomo. L'uomo passa, lo scrittore resta.
I Semeiotici riuscirono dapprima a trovare un codice per condensare
la personalità letteraria di uno scrittore. Un codice numerico.
Gli Informatici applicarono il metodo.
Poi vennero i Biologi che determinarono la mappa del cervello umano.
Ad ogni singolo ganglo cellulare associarono un'emozione, un microcarattere
corrispondente. Gran lavoro!
Gli Elettronici trovarono il modo di trasformare il codice-scrittore
in segnali elettrici applicabili, tramite opportune interfacce, al
cervello umano. Il più era fatto. Il mondo impazzì.
Naturalmente il corpus di opere deve essere consistente e il più
possibile completo.
Perciò - basta volerlo - uno può sottoporsi al procedimento
di conversione. Io divenni Philip K. Dick.
Ma non proprio lui, sia chiaro. Io divenni le opere di Philip K. Dick,
la personalità dello scrittore di quelle opere.
Il mio migliore amico preferì Hugo. Hugo Gernsback. Inutile
dire che amavamo la fantascienza. Meglio ancora: eravamo scrittori
di fantascienza falliti.
Inutile dire che non scrivemmo nessun libro, dopo. La cosa non funzionava.
Non eravamo gli scrittori. Eravamo le loro proiezioni letterarie.
Le proiezioni non scrivono libri, scoprimmo. Ma si divertono a far
finta.
email: fabietto13@libero.it