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C'è un'intera branca della filosofia che si occupa della definizione della Qualità: l'estetica. La domanda che questa disciplina si pone, " Che cosa s'intende per bello?", risale ai tempi antichi. Ma Fabio, quand'era studente d'astrofisica, aveva disdegnato tutto questo campo del sapere. Non era un punto di vista particolare che lo faceva indignare, quanto l'idea che la Qualità dovesse essere subordinata a un qualsiasi punto di vista. Il processo intellettuale metteva la Qualità al proprio servizio, prostituendola.
In uno dei suoi scritti Fabio affermava: "Questi studiosi d'estetica pensano che la loro materia sia una specie di pasticcino per cui farsi venire l'acquolina in bocca; qualcosa da far fuori in molto intellettuale tra soavi apprezzamenti, e a me viene da vomitare. L'acquolina, in verità, se la fanno venire per il cadavere putrescente di qualcosa che hanno ucciso molti anni fa".
Ora, alla prima tappa del processo di cristallizzazione, fabio si accorse che se ci si astiene dal dare una definizione della Qualità, l'intero campo del sapere chiamato estetica viene spazzato via… Rifiutandosi di definire la qualità, egli l'aveva situata interamente al di fuori del processo analitico.
Questa scoperta lo esaltò. Era come scoprire una cura per il cancro. Basta con le spiegazioni sulla natura dell'arte. Basta con le varie scuole critiche.
Credo che, sulle prime, nessuno avesse intuito dove volesse arrivare. Vedevano una persona che trasmetteva un messaggio dotato di tutti gli orpelli dell'analisi razionale fatta in un contesto accademico. Non si rendevano conto che Fabio aveva uno scopo che esulava dai soliti obiettivi. Non stava affatto sviluppando l'analisi razionale, la stava bloccando. Stava trasformando il metodo razionale in un'arma a doppio taglio che si rivolgeva verso se stessa, e lui la puntava contro la sua stessa gente in difesa di un concetto irrazionale, di un'entità indefinita chiamata Qualità.
Alla fine gli venne riconosciuto il diritto di dire tutto quello che gli pareva, e gli anziani parvero apprezzare la sua indipendenza di pensiero e si dimostrarono pronti ad appoggiarlo come membro della stessa Chiesa. Ma, contrariamente a quanto credono molti oppositori della libertà di pensiero, la posizione della Chiesa della Ragione non è mai stata quella di permettere a un ragazzo di blaterare tutto quello che gli passa per la testa, senza dover render conto a nessuno. Per la Chiesa è verso la Dea Ragione che si è responsabili delle proprie idee, e non verso gli idolo del potere politico. Il fatto che Fabio stesse insultando qualcuno non aveva nulla a che vedere con la verità o la falsità di quanto stava dicendo, e non lo rendeva passibile di una condanna morale. Però erano tutti pronti a condannarlo, con grande soddisfazione morale, al minimo accenno di insensatezza.
Ma come diavolo si fa a giustificare secondo ragione il rifiuto di definire qualcosa? Le definizioni sono il fondamento della ragione. Per un po' Fabio riuscì ad arginare l'attacco con ricercati minuetti dialettici e con insulti sulla competenza e incompetenza, ma prima o poi avrebbe dovuto produrre qualcosa di più sostanzioso. Giunse così a un'ulteriore cristallizzazione che andava oltre i limiti tradizionali della retorica per spingersi nel regno della filosofia.
Fabio Liberati

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