Poniamo
il caso che le divergenze delle opinioni possano combaciare nell'
astrazione di una bellezza quasi singolare, eterna. Allora probabilmente
il motore immobile della soggettiva verrebbe implacabilmente interrotto,
e l'intelligenza artificiale non avrebbe nulla da invidiare a quella
umana. Quindi le distanze che separano il giudizio della vita sono
la testimonianza di un libero arbitrio, una capacità decisionale
che ha insito una probabilità di errore. Così la fisica
quantistica si riflette nella religione e l'assoluta determinazione
del vero sta alla ragione umana come un microscopio a scansione nucleare
sta alla verità atomica. L'interazione dello strumento diagnostico
influisce sulla rilevazione come i sentimenti alla ragione. Ancora
una volta si chiude il ciclo umano nei punti più inconciliabili.
Proprio per questo mi sembra più che naturale che si abbia
paura della tecnologia. La scienza e la ricerca hanno nelle loro membra
le atroci incongruenze del pensiero umano, e per questo a volte commettono
errori madornali, quasi umani.
Veramente bisognerebbe riflettere su come le cose rispecchiano l'eccezionalità,
come il quotidiano si commistioni con l'incredibile, nel dualismo
del giornaliero, del monotono, ma che banale non sarà mai,
proprio perché in continua evoluzione. Mitigando l'assenza
della divergenza con la coerenza della trasparenza, si può
rendere non banale anche l'uscire con una ragazza.
La razionalità nasce dal bisogno di chiarire, di semplificare,
di produrre efficacemente. Proprio per questo si riveste di fredde
giunture, per sopportare con la pragmaticità gli scherzi che
Dio propone nell'equilibrio. Il dramma (forse uno degli ostacoli più
frustranti) dell'interazione strumentistica con il soggetto analizzato,
ha dato alla ricerca la valenza di una magia continua come i livelli
energetici dell'elettrone. Le divergenze dei sistemi relativi, i loro
problemi nell'indagare l'esterno, rendono oscuro l'estraneo, temibile
lo sconosciuto. Dovremmo appartenere a un'altra dimensione per poter
indagare sulla nostra, salvo poi renderci conto che non avremmo più
quella facilità focalizzatrice che abbiamo vivendo nello stesso
sistema relativo. Le droghe sono state viste come uno strumento di
indagine artistica che portasse a una distorsione fisica (è
qui che la droga si propone in tutta la sua fragilità) della
realtà. Ma non hanno mai permesso di focalizzare il problema,
che inevitabilmente va trovato all'interno.Come se continuamente ci
fosse ricordato che apparteniamo allo stesso mondo interrazionale,
come se Dio ci ponesse ostacoli indagativi, per non farci percorrere
la via dell'assoluto con troppo comodo.
È sufficiente ma non necessario che il mio Dio sia cristiano,
che il mio Dio già sia.
Fabio
Liberati