25/01/2002
Parliamo
del film 'Lo squalo', di Steven Spielberg. In verità potrei
parlare di 'Moby Dick' di Melville, o de 'Il vecchio e il mare' di
Hemingway, o l''Odissea' di Omero. I tre libri citati hanno come condizione
sufficiente alla similitudine con Lo squalo la paura, la lotta contro
la natura. Partiamo dalle pecche del film: la natura si manifesta
in maniera tangibile, è lo squalo che vuole divorare i protagonisti.
Pensiamo invece a quanto sia più espressiva una natura intelligibile
come quella de 'Il vecchio e il mare', che non ha bisogno di mostrarsi
se non nel momento della sconfitta, quando però a perdere in
realtà è il pescatore, uccisore della sua passione,
di se stesso rispecchiato nel mare. Umanizzare la natura nella ferocia
di uno squalo evidentemente impazzito è una sforzo dettato
dal botteghino. Alla natura poco importa dell'uomo, o almeno così
dovrebbe essere. La vista della bocca dello squalo spaventa il secondo
dell'inquadratura, ma una presenza sopra le righe, invisibile ma macigno
nelle menti dei protagonisti, quanto avrebbe intimorito per tutto
il film!
Alcuni richiami classici sono invece molto belli, come la scena in
cui in panoramica è inquadrata la spiaggia dell'oceano piena
di bagnanti e il cartello di divieto di balneazione per squali: irriverenti
genitori fanno fare il bagno ai loro pargoli. Ulisse aveva rispetto
del mare, lo temeva anche se lo conosceva perfettamente. I frequentatori
della spiaggia hanno perso il rispetto per la natura e i suoi pericoli,
quasi la deridono lasciando i loro pargoli nelle fauci del loro nemico
tremendo (e questo Ulisse lo sapeva, infatti la sua famiglia lo aspettava
a casa).
Sempre e comunque la natura dovrebbe vincere, perché la natura
va intesa come madre dei nostri pensieri, la culla delle nostre vite,
il patrimonio dei nostri destini. Lo squalo è il braccio sporco
della legge della natura, vince contro i marinai, li uccide tutti,
tranne l'unico che in verità aveva sempre capito il vero potere
del mare e della natura, l'Ulisse dell'opera di Spielberg. E infatti
lo squalo perisce contro l'astuzia dell'uomo, contro la sua intelligenza,
l'unico vero dono che Dio (inteso in senso non religioso) ha dato
all'uomo per sopravvivere in mezzo alla natura. Lo squalo muore fisicamente
ma lascerà il suo odore per tutta la vita sulla pelle del marinaio,
per tutta la vita la sua voce sarà l'incubo. Viene da chiedersi
se alla fine di tutto sia valsa davvero al pena lottare contro lo
squalo, se poi l'unico a sopravvivere deve convivere con il ricordo
della vittoria dev'essere mangiato dal timore del mare.
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