14/05/2002
CLICCA QUI PER LA PUNTATA 1
CLICCA QUI PER LA PUNTATA 2
CLICCA QUI PER LA PUNTATA 3
CLICCA QUI PER LA PUNTATA 4
CLICCA QUI PER LA PUNTATA 5
CLICCA QUI PER LA PUNTATA 6
CLICCA QUI PER LA PUNTATA 7
CLICCA QUI PER LA PUNTATA 8
CLICCA QUI PER LA PUNTATA 9
La donna capì di avere esagerato. Fece un cenno a Martina che
ammiccò un assenso e spense le candele con un soffio delicato,
trattenendo in gola metà del fiato come se poco alla volta
stesse imparando dalla madre l'arte ruffiana per circuire suo padre
fin dalla tenera età. La torta fu riposta nella dispensa e
Martina tornò ad appiccicare il muso davanti ai vetri della
cameretta. Sua madre invece non sembrava darsi pace, non voleva rassegnarsi
del tutto a una vittoria così esageratamente maschile. Fece
un paio di giri intorno al tavolo, come in attesa di una trovata geniale
che per adesso tardava a venirle in mente. Quando Dondoni se ne uscì
dalla cucina la donna silenziosamente entrò in quella che era
ormai diventata la camera ardente della mia necropoli domenicale.
"Niente festa. Tutto tace, niente festa" brontolò
il pappagallo mentre la donna con un sorriso gli fece segno di tacere.
Prese una sedia, una dal piatto comodo come se già avesse idea
del lungo tempo che avrebbe passato in mia compagnia. Martina la venne
a cercare direttamente nella mia stanza. Conosceva bene le sue pazzie
e sapeva che il suo cilindro magico di mamma non avrebbe taciuto ancora
a lungo. Prese anche lei una sedia e, salendo con non poca fatica,
sedette al suo fianco.
Per la prima volta da quando ero morto avevo due persone che mi stavano
vegliando, avevo due clienti del mio dolore, due testimoni della mia
dipartita a cui (come in ogni funerale che si rispetti) di quella
assenza non fregava niente.
"Ossignore benedetto, ossignore come mai? Così giovane,
con quello che aveva da campare. Oddio non dovevi, questo non me lo
dovevi fare".Anche Martina non perse l'occasione di sbugiardare
suo padre davanti agli occhi (per fortuna sigillati) di un cadavere
che già dava allo stomaco.
"Povero zio, come sarà stato. Ossignore non dovevi, non
a lui... ", e sua madre a ruota "oddio oddio, Dio mio perché
ti sei accanito? Questo no, non lo possiamo sopportare". Quel
pianto artificiale e lagnoso mi metteva addosso una soggezione straordinaria;
arrivava alle orecchie come un accordo atono e confuso, più
di sfottò che di rispetto. Dondoni si diresse verso la stanza
con la chiara e violenta intenzione di portarsi via con la forza quelle
donne disumane, eppure davanti alla porta non ebbe nemmeno il coraggio
di osservare quel corteo funebre che in certo senso metteva in discussione
la sua ineffabile autorità. Presto alla cantilena delle due
vedove piangenti si unì quella del pappagallo: "Povero
zio, morto ammazzato. Niente festa che piace... povero zio che tace".
Il pianto di Martina si spezzò in gola facendo posto a un leggero
sorriso che neanche da lei parve bene accetto; addirittura poco gentile
nei confronti dell'impegno e dell'assiduità profusi da sua
madre. Doveva a tutti i costi tenerle testa in quella battaglia contro
l'avversione degli affetti, contro il rispetto dei vivi che vanno
e i morti che, malgrado tutto, permangono.
"Ma cazzo, volete finirla o no con questa pagliacciata?".
Anche quell'ultimo latrato di Dondoni non sortì nessun effetto,
non giunse nessuna risposta se non il continuo pianto di Martina e
di sua madre, a cui quella lacrima ladra forniva un piacere anche
più grosso di quello che avrebbe provato nel vedere realizzata
la solita festa con il solito corteo di parenti.
E io, a quel bizzarro compleanno, figuravo tra i cugini davvero alla
lontana.
Niente da fare, a Dondoni non andava proprio giù. Non tanto
il fatto che sua moglie stesse prendendo in giro la sua rigida corazza
di poliziotto, quanto quello che potesse piangere così appassionatamente
per un altro uomo, che potesse spremere la sua anima per uno che nemmeno
conosceva e che potesse farlo così bene da sembrare non vera
ma veramente addolorata. Come se quella sopportabile stupidità,
comune in tutti i giochi di sua moglie, si fosse dissolta in una insopprimibile
voglia di aprirle la testa con le mani per farle finalmente concepire
il senso del drammatico. Insomma, se esistono tradimenti al lume della
crudeltà, quello che stava avvenendo sotto i suoi occhi ne
era l'esempio più clamoroso. Tornò in camera con uno
di quei fucili che aveva l'abitudine bellica di custodire sotto al
cuscino. Caricò il manico ormai sepolto dalla lana e aspettò
che sua moglie si voltasse per guardarla l'ultima volta. Bastò
un colpo dritto in mezzo agli occhi e vide il suo cervello danzare
in cielo come la lana che allegramente cominciò a cadere quasi
fosse neve candida. Passai molti giorni a chiedermi il motivo di quell'atto
vandalico senza mai trovare un'umana spiegazione. Ma quando in Purgatorio
mi fu concesso di affacciarmi sulla terra trovai il capo di tutte
le lenzuola che Dondoni aveva steso davanti alla mia logica.
Una macchina quasi d'epoca, da quassù non riuscii bene a distinguere
se fosse una Fiat oppure una Renault, passò una domenica a
prendere l'appuntato per portarselo in campagna e fargli godere il
sole alto del Subasio. Durante il viaggio passarono per casa e ad
aprire il cancello andò la mia piccola: la sua bellezza mi
diede la forza per dimenticare tutte quelle vessazioni inflitte alla
mia vanità di defunto. Peccato che la bimba quasi subito fu
rispedita a giocare dietro al mulino della strada vecchia. Dondoni
scese dalla macchina e scambiò qualche parola con mia moglie,
poi le diede un bacio adulto sulle labbra e se la portò sul
prato a eccitare l'erbetta con uno di quegli scandali concessi solo
di domenica.
Il mio omicidio si era dunque rivelato un episodio povero e difforme.
Tutto l'esito mirava più in alto di un semplice agguato mafioso,
bensì alla millenaria onta dell'infedeltà. Anche il
mio desiderio velleitario di correggere la natura andò in malora,
e non fu utile nemmeno convincersi del fatto che ogni uomo è
cornuto di qualcosa. Non mi restava che l'ironia, ma anche questa
è una musa troppo sfuggente perché si possa contare
sulla sua collaborazione.
email: fabietto13@libero.it